L'annuncio del Ministro per l'Immigrazione Andrew Giles di voler rivedere una controversa direttiva ministeriale che permetteva a immigrati che avevano commesso reati gravi di rimanere in Australia ed evitare la deportazione (la direttiva 99) ha scatenato il dibattito politico dentro e fuori dai confini nazionali australiani.
“La direttiva 99 nasce nel luglio 2022, Anthony Albanese e l’allora Premier neozelandese Jacinda Ardern avevano raggiunto un accordo secondo cui l’Australia non avrebbe più esplulso non cittadini verso i loro Paesi di origine in mancanza di legami significativi”, spiega Paul Scutti ai microfoni di SBS Italian.
“[Questo era] un accordo nato dopo il caso di diversi neozelandesi nati e cresciuti in Australia che non avevano più contatti o legami con la Nuova Zelanda”, aggiunge.
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La direttiva ministeriale permetteva dunque all’Administrative Review Tribunal di ribaltare di fatto la decisione del Ministero di deportare criminali nei loro Paesi di origine.
Ma nei giorni scorsi le polemiche sono state riaccese quando è emerso il caso CHCY, un cittadino neozelandese vissuto in Australia dall'età di 16 anni colpevole di aver molestato la figliastra, destinato alla deportazione ma al quale l'Administrative Appeals Tribunal ha ripristinato il visto in considerazione del fatto che madre, padre, moglie e tre figli dell'uomo vivono in Australia.
Non si sono fatte attendere le reazioni del governo neozelandese, e dell’Opposizione, che ha richiesto le dimissioni del ministro.
Nelle ultime 24 ore il ministro ha revocato otto visti. Sono una trentina i casi di appello al vaglio del Tribunale e Giles ha annunciato cambiamenti alla direttiva che avessero come priorità la sicurezza degli australiani.