Da qualche mese, un ristorante italiano di Melbourne ha raddoppiato gli sforzi e l'offerta, partorendo un'iniziativa imprenditoriale parallela, attraverso la quale vuole introdurre nelle abitudini dei lavoratori del CBD un prodotto tipicamente emiliano: le tigelle.
"Chiariamo subito che si dovrebbero chiamare 'crescentine, altrimenti gli abitanti dell'Appennino modenese si risentono" scherza lo chef Francesco Rota, titolare di Trattoria Emilia.
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Francesco Rota - SBS Italian, Dario Castaldo
"L'impasto può variare: la base è acqua, farina e lievito Poi c'è chi mette il lardo, chi lo strutto, chi la panna, chi il latte, chi un po' di birra... ognuno la fa in maniera diversa", racconta Francesco.
Ci sono voluti mesi per far arrivare da Modena il macchinario con le pietre refrattarieFrancesco Rota
A differenza del pane e della pizza, questo impasto viene tirato, laminato, fatto lievitare un paio d'ore e poi viene cotto.
I panini vengono poi tagliati ancora fumanti, e al loro interno viene spalmato un lardo speciale frullato con aglio e rosmarino (che in Emilia chiamano 'pesto modenese') e infine le tigelle vengono farcite con diversi salumi - pancetta, coppa o prosciutto.
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Per produrle, lo staff di Trattoria Emilia ha importato da Pavullo nel Frignano, in provincia di Modena, un'enorme piastra con due pietre refrattarie che raggiungono i 250-300 gradi, sulle quali viene cotto questo pane tipico dell'Appennino, che viene poi farcito e consumato ancora caldo.
"Ci sono voluti mesi solo per far arrivare e per installare il macchinario in un'ala del ristorante, dove un tempo c'era un bar e dove assieme ai miei soci avevamo deciso di provare qualcosa di nuovo", spiega Francesco. Così è nato il brand Emilietta.
Perché portare la tigella a Melbourne? Perché siamo dei pazzi…
L'impresa nella quale si è imbarcato è duplice: far conoscere agli australiani un prodotto regionale, considerato di nicchia anche in Italia, e penetrare il mercato dello street food, che down under fa fatica ad adottare le usanze del Bel paese.
"Diciamo che volevamo provare, che di base questa era ed è un'idea... poi vedremo se funzionerà. Va detto che adesso in italia la tigella è diventata famosissima grazie ad un negozio che ha aperto 52 punti vendita in una tutta la penisola, ma probabilmente è un'iniziativa da pazzi", sorride Francesco.
Per raggiungere l'obiettivo, Emilietta ha percorso due strade parallele: da una parte il marketing, dall'altra - ovviamente - il prodotto. In attesa che dalle colline modenesi arrivasse il macchinario, lo staff ha organizzato il branding e la promozione, dal logo alle pagine social, dai cappellini alle magliette.
"Quindi abbiamo provato i vari impasti, anche perché ci voleva un po' di tempo per trovare quello giusto. Una volta che siamo arrivati a dama, e dovevamo concentarci sulle tigelle, il ristorante (Trattoria Emilia ndr) è letteralmente scoppiato. Era un bordello, eravamo sempre pieni a pranzo e a cena... quindi mancava il tempo e lo spazio materiale per dedicarci all'avvio di Emilietta. Adesso invece ci stiamo aiutando di vicenda: Trattoria Emilia aiuta Emilietta, Emilietta aiuta Trattoria Emilia".
La nostra è una tigella tradizionale che però che si è fatta un lifting ed è un po' ringiovanitaFrancesco Rota
"Dal punto di vista delle ricette, Emilietta ha cercato di dare spazio alla creatività, adattandosi anche ai gusti e alle tendenze locali. L'impasto per esempio è diverso da quello tradizonale, perché la tigella nasce con strutto, latte, panna eccetera mentre noi abbiamo deciso di farlo vegano. Le nostre tigelle sono condite con prodotti emiliani, ma non restano ancorate alla tradizione", spiega lo chef modenese.
"Per esempio abbiamo quella classica, che è con prosciutto e squacquerone, ma la prepariamo con prosciutto di Parma invecchiato 24 mesi. Dopodiché abbiamo anche una tigella con la mousse di mortadella, con le cipolline, il pistacchio e l'aceto balsamico. Insomma, è una tigella tradizionale un po' ringiovanita con un lifting".
Francesco Rota, Emilietta
"Conoscendo il prodotto per filo e per segno e forti del traino rappresentato dal ristorante eravamo sicuri che la tigella avrebbe sfondato. Poi abbiamo gradualmente capito che è un prodotto che in pochi conoscono e che quindi c'era un sacco di lavoro da fare", ammette Francesco Rota.
È un prodotto di nicchia, per cui ci vuole molto lavoro anche solo per farla conoscere
"In fondo è come un bambino piccolo: bisogna starci dietro, facendo conoscere il prodotto a più persone possibile. Del resto è la stessa scommessa che avevamo affrontato e vinto quando abbiamo introdotto i tortellini o quando abbiamo inserito lo gnocco fritto nel nostro menu. Quando abbiamo cominciato, dieci anni fa, nessuno lo conosceva. Adesso lo fanno tutti".
"In questo caso la scommessa è appena partita, ci vuole ancora un po' di tempo per farle conoscere a tutti, però sembra che la tigella stia prendendo piede abbastanza bene. Abbiamo partecipato alla Melbourne Italian Festa e abbiamo avuto una buona risposta".
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"In queste settimane da Emilietta sono entrati tanti italiani che si sono 'gasati' tantissimo e hanno commentato 'Finalmente ho trovato la tigella!'. Significa che stiamo facendo un buon lavoro".
"Siamo animati dalla voglia di far conoscere il più possibile la cucina emiliana, che secondo me è tra le migliori d'Italia. Cerchiamo sempre di dare il meglio e di fare il prodotto migliore possibile tutti i giorni. Finora ci siamo riusciti... Noi siamo carichi, le tigelle sono buonissime e quindi secondo me ci attende un bel futuro", conclude Francesco Rota.
Francesco Rota negli studi di SBS - Dario Castaldo, SBS Italian