Anche voi avete "applicato per un visto"? Ma non prima di aver "fatto le farms"? E quanto vi ha "chargato" l’agente di immigrazione? La contaminazione linguistica tra italiano e inglese nella sua variante australiana è stata al centro del nostro dibattito di oggi, alla vigilia della Giornata internazionale della lingua madre.
Questo fenomeno linguistico, che in termine tecnico si chiama ibridismo, è iniziato già con le prime ondate di immigrazione, che ad esempio "parcavano il carro davanti alla fensa" (parcheggiavano l'auto davanti alla palizzata, in inglese fence), e continua oggi con "cuochi skillati" (con le competenze professionali richieste) che "applicano dopo aver fatto le farm" (fanno domanda di visto dopo aver trascorso un periodo lavorando nelle zone rurali).
Ne abbiamo parlato con Janetta Ziino, australiana di origine eoliana, Elvira Andreoli, italoaustraliana di Melbourne, il linguista e professore Joe Lo Bianco e Laura Zorzi, autrice nel 2009 di una tesi di laurea dedicata al cosiddetto australitaliano.
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"Sono nata qui però a volte le parole in italiano mi vengono più facilmente che in inglese", spiega Elvira, citando molti esempi di parole che sono o suonano inglesi che sono state adottate da immigrati e immigrate in Australia.
E tra gli esempi cita "la farma" per fattoria, e "la moneta" (nel senso di soldi, da money), o l'espressione "non mi filo bene" per dire non mi sento bene (da feel, sentirsi).
"Quando una persona cercava di sentirsi parte della cultura locale infilava qualche parola in inglese".
"Questo è un fenomeno universale", spiega il professor Lo Bianco, "si verifica in tutto il mondo quando c'è contatto tra le lingue, e si nota in tutta la storia dell'emigrazione".