Il 25 aprile 2015 un terremoto di magnitudo 7,8 colpì il distretto di Gorkha, a circa 80 chilometri a nord-ovest della capitale del Paese, Kathmandu.
Migliaia di persone rimasero sepolte dalle macerie. Nei giorni successivi il bilancio salì progressivamente a 9.000 morti e quasi 22.000 feriti.
All'epoca l'italiana Isabella Bracco era una cooperante internazionale, in Nepal per una serie di progetti. Arrivata pochi mesi prima, diverse persone le avevano detto che il Paese si attendeva un "big one", un violento terremoto, visto che l'ultimo di proporzioni considerevoli era avvenuto oltre 100 anni prima.
"È una cosa che fa terrore, fa terrore perché davvero ti manca la terra sotto i piedi, fa terrore perché ha un suono il terremoto, cioè la terra che si muove ha un suono che sembra veramente una bestia degli abissi", ricordava Isabella a distanza di alcuni anni ai microfoni di SBS Italian.
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"Il terremoto non lo vedi e non sai quando finisce", le esperienze di Isabella in Nepal e Haiti
SBS Italian
21:13
Quando la terrà tremò il 25 aprile si trovava per strada nella capitale Kathmandu, insieme al figlio di meno di un anno.
"Non riuscivo a tirarlo fuori dalla carrozzina per correre in mezzo alla strada, cioè lontano dai palazzi, perché non riuscivo più a stare in piedi".
Anche l'italiana Silvia Caccavale in quel fatidico 25 aprile 2015 era a Kathmandu, dove viveva col marito, un altro cooperante internazionale.
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Quella mattina a Kathmandu
SBS Italian
16:09
"[La scossa] è durata mi sembra una novantina di secondi in tutto, una cosa del genere, quindi lì per lì, noi abbiamo capito immediatamente quello che stava accadendo, anche perché ci ha buttato per terra", rievocava Silvia ad un anno di distanza.
"La mia prima reazione è stata correre e abbracciare mio marito che ha provato ad aprire una porta per metterci sotto la soglia, e ci ha buttati per terra".