Finanza climatica, transizione energetica e collaborazione globale sono stati al centro delle discussioni, ma i negoziati si sono conclusi senza fissare obiettivi chiari, evidenziando profonde divisioni riguardo agli impegni economici per affrontare il riscaldamento globale e sostenere i Paesi più vulnerabili.
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"Prima con il Covid e poi con le guerre in Ucraina ed Israele, l'attenzione sul tema climatico e ambientale è andata via via scendendo e questo ha fatto sì che molti capi di stato non abbiano nemmeno partecipato ai lavori", commenta Mercalli.
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È stato concordato un piano che prevede uno stanziamento annuale di circa 1.300 miliardi di dollari statunitensi (equivalenti a circa 1.244 miliardi di euro) per sostenere la lotta al cambiamento climatico.
Di questa cifra, però, soltanto 300 miliardi di dollari saranno garantiti attraverso forme concrete e immediate, come finanziamenti diretti e prestiti agevolati dai Paesi più ricchi, lasciando il resto a modalità ancora incerte.
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"Abbiamo sintomi sempre più gravi ed evidenti della crisi climatica e l'evidenza delle leggi della fisica sarà inesorabile fra qualche anno", continua Luca Mercalli.
Bisogna tenere presente che lo scopo di vertici come questo non è solo quello di raggiungere accordi, ma anche quello di tenere i vari Paesi intorno al tavolo dei negoziati e promuovere la cooperazione, spiega.
"Queste conferenze funzionano male, non permettono di arrivare a dei risultati di svolta, con la rapidità di cui abbiamo bisogno. Però è anche vero che sono l'unico mezzo che conosciamo. Se non ci fosse la COP ogni anno, probabilmente il mondo farebbe ancora di meno", afferma.
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"È come una malattia. Ormai la diagnosi è fatta; i sintomi ci sono e sono gravi. Bisogna fare la cura", conclude Mercalli.