Il conflitto, scoppiato ad aprile 2023 tra due fazioni dello stesso esercito sudanese, ha trasformato quella che era una capitale viva, con università prestigiose e infrastrutture solide, in una città devastata e invivibile.
Dodici milioni di sfollati, venticinque milioni di persone a rischio fame e un sistema sanitario al collasso.
In mezzo a tanta difficoltà, una realtà continua a resistere: l’ospedale di cardiochirurgia Salam Center a Khartoum, gestito da Emergency. E con esso, continua a resistere anche chi ci lavora, come Daniela Rocchi, perfusionista e coordinatrice del servizio di circolazione extracorporea, in Sudan da diciotto anni.
Clicca sul tasto "play" in alto per ascoltare l'intervista
"Quando è scoppiato il conflitto, ci siamo trovati di fronte a una scelta. La scelta di andare via, come hanno fatto praticamente quasi tutti gli organismi internazionali... O rimanere. Una parte di noi ha deciso di restare”, racconta Rocchi al microfono di SBS Italian.
Ecco un altro servizio che potresti trovare interessante

MEDU: Medici per i Diritti Umani
SBS Italian
07:33
La loro presenza sul territorio rappresenta un'eccezione: è attualmente l’unica organizzazione umanitaria con personale internazionale ancora operativa a Khartoum.
“Dopo due anni non c'è ancora la luce. Ci sono grossissimi problemi di acqua, la temperatura è circa 45 gradi”, spiega ancora Rocchi, sottolineando come la mancanza di elettricità abbia innescato una catena di emergenze sanitarie, tra cui epidemie di colera e malaria.
Ascolta anche

La lotta per la libertà delle donne in Iran
SBS Italian
07:23
Eppure, nonostante le condizioni drammatiche, il Salam Center è rimasto attivo. Grazie a un lavoro di coordinamento tra Emergency e lo staff locale, l’ospedale ha ampliato i propri servizi oltre la cardiochirurgia, aprendo anche un reparto di pediatria, un servizio di medicina d’urgenza e, per un periodo, anche un 'trauma center'.
“Noi siamo uno dei pochi ospedali ancora aperti e tra l'altro l'unico ospedale in tutto il Sudan totalmente gratuito”, afferma Rocchi. La struttura accoglie ogni giorno persone in fuga, bambini avvelenati dal cibo avariato, pazienti con patologie gravissime e senza altre alternative.
In questi due anni, l’équipe ha affrontato non solo l’emergenza sanitaria ma anche l’isolamento logistico: per lunghi periodi era quasi impossibile muoversi nel Paese. Oltre a Khartoum, Emergency ha attivato nuove cliniche pediatriche e ospedali a Port Sudan e nel Sud Darfur, dove il conflitto si è esteso.